Alessandro Sperduti Official forum

Aspettami...

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XdarkXloverX
view post Posted on 19/6/2008, 16:49




Ragazzi, eh... dopo due settimane ho finalmente finito questo lavoro... scusate per la lunghezza, spero la leggerete lo stesso... è un'autoconclusiva, ovvero un solo capitolo (a meno che l'autrice, ovvero me, non decida di aggiungere XDXD)... diciamo che è la storia d'amore tra filippo e valerio, solo un po' diversa da come la conosciamo... bho... spero vi piaccia!! =)


Aspettami...


PRRR. PRRR. PRRR.

Filippo, che si stava abbottonando la camicia blu allo specchio della camera, sobbalzò per lo spavento: il cellulare, abbandonato senza un minimo di riguardo sul comodino, si era messo a vibrare tutto d’un tratto. Quell’aggeggio lo disturbava sempre nei momenti meno opportuni. Dopo aver lanciato un’ultima occhiata alla propria immagine riflessa, l’uomo guardò distrattamente l’orologio: in meno di un’ora e mezzo avrebbe dovuto trovarsi sotto casa Campitelli per prendere Valerio ed andare al cinema insieme a lui. Non avevano nemmeno deciso cosa vedere. Una volta lì, avrebbero scelto il film più carino per entrambi, altrimenti, se niente fosse stato di loro gradimento, si sarebbero limitati ad una pizza. Il loro rapporto era un po’ così: precario, alla buona. Niente certezze, nessun piano prestabilito, poca sicurezza. Eppure a Filippo andava bene così. Si vedevano da poco tempo, eppure gli sembrava di conoscere Valerio da una vita. Era una sensazione strana, aveva il sapore del nostalgico e del delicato insieme. Forse perché Valerio gli ricordava un po’ lui alla sua età: la sua prima storia seria l’aveva avuta con un ragazzo più grande ed era stata la più lunga ed intensa della sua vita, almeno fino a quel momento. E probabilmente sarebbe continuata, se lui non avesse dovuto trasferirsi a Roma. Ma adesso ripensare al passato sarebbe servito a poco. Adesso c’era Valerio. E Valerio era tutto quello di cui Filippo aveva bisogno. Anche se non si erano ancora detti niente di serio, anche se le loro uscite erano dettate più dall’istinto che dalla routine, Filippo sentiva (e, soprattutto, sperava) che fra lui e Valerio ci fosse qualcosa di più della semplice amicizia, che non necessariamente ancora doveva essere amore, ma che avrebbe imparato ad esserlo molto presto. Il moro si passò una mano tra i capelli per dargli un aspetto quantomeno presentabile, poi fece per uscire dalla camera. All’ultimo momento si ricordò del cellulare, che aveva vibrato qualche minuto prima. Lo prese e lesse il messaggio.

“Ciao, scusa ma oggi è meglio se rimango a casa. E’ successo un casino con mio padre. Poi ti spiego, ok? Ti mando un messaggio quando è tutto a posto. Valerio”

Filippo rilesse il messaggio due volte per vedere se aveva capito bene, poi sospirò e si slacciò il primo bottone della camicia, quello che gli tirava fastidiosamente sul collo. Appunto: niente certezze. Chissà cosa era successo in casa Campitelli. Aveva un voglia matta di telefonare a Valerio, chiedergli spiegazioni, stringerlo forte tra le braccia e stargli vicino nei momenti in cui non avrebbe potuto fare fronte da solo ai problemi della vita. Ma non poteva. E, per adesso, andava proprio bene così. Con calma, Filippo si sedette sul letto e scorse la rubrica del cellulare; si portò il telefono all’orecchio e fece partire la chiamata.
-Pronto, Tommaso? Sì, sono Filippo. Senti, uscite ancora tu e i ragazzi per quella birretta?... Ok… nove e mezzo. Sì. Allora a dopo-

---

Valerio sospirò, poggiandosi stancamente alla testiera dura del letto. Quella sera gli sarebbe stato proprio impossibile uscire. Gettò uno sguardo fuori dalla finestra della propria camera: i cronisti erano ancora tutti lì, anche se la macchina della polizia se n’era andata via da tempo, trascinandosi dietro non solo suo padre, ma anche una bella fetta del suo orgoglio e della sua posizione sociale. Chissà che gli avrebbero fatto. Che gli avrebbero detto. Lo avrebbero tenuto in carcere per molto? La tristezza di qualche ora prima, ormai, aveva lasciato il posto ad una muta rassegnazione che traspariva dagli occhi vitrei del ragazzo. Decidendo di non pensare più a tutto quello, Valerio guardò per l’ennesima volta il cellulare. Filippo non gli aveva risposto. Ma, dopotutto, era normale. Lui stesso non avrebbe saputo come rispondere ad un messaggio del genere. Ancora sospirando, il ragazzo si alzò e si diresse in salotto, dove sua madre stava sperperando la maggior parte del patrimonio che gli era rimasto in pacchi di fazzoletti da dieci confezioni ciascuno. Valerio le si buttò pesantemente accanto, poggiandogli una mano sulla schiena.
-Mà- mormorò, non sapendo bene cosa dire. Anche lei doveva essere rimasta malissimo per quello che era successo –Dai, non fare così…-
-E come… come dovrei fare?- singhiozzò la signora Campitelli, soffiandosi il naso per la dodicesima o tredicesima volta nel giro di un’ora –Tuo padre, lui ci ha lasciato qui e ora-
-Ora?- domandò Valerio, curioso.
-E ora non lo so, che faremo!- concluse sua madre, prorompendo in una nuova crisi di pianto.
-Dai, in qualche modo…- tentò di nuovo Valerio, ma lei non lo stava a sentire.
-Lui, io glielo avevo detto che sarebbe successo un giorno o l’altro, ma tanto non si dà mai retta alle mogli, mai!-
-Mà, che stai a dì?- domandò ad un tratto Valerio, teso –Tu sapevi della situazione di papà?-
-Uhm- sua madre si sistemò meglio sui cuscini del divano, a disagio –Io-
-Tu sapevi tutto!-
-Valerio- cercò di calmarlo la madre, implorante –Ti prego, non-
-Oddio. E non mi hai mai detto niente. Niente!- continuò l’adolescente sconvolto, alzandosi in piedi –A me, che avevo tutto il diritto di sapere cosa stava succedendo sul lavoro di papà-
-Non volevo allarmarti… non pensavo fosse così grave…-
Ma ormai Valerio non la stava più a sentire. Si era alzato in piedi e misurava a grandi passi la stanza, seguendo il contorno del ricamato e prezioso tappeto persiano importato direttamente dall’Iran. –Cioè, veramente, alla fine quello che era all’oscuro di tutto in questa famiglia ero io!-
-Valerio, ti prego, non ti arrabbiare…-
All’improvviso, il cellulare di Valerio squillò. Il ragazzo, col cuore in gola, lo tirò fuori dalla tasca ma il nome che vide sul display non era quello che si sarebbe aspettato: Lucia.
-Pronto?- rispose Valerio, cambiando stanza per non udire i gemiti soffocati della madre.
-Valè, scusa, scusa, ti disturbo?-
Eccone un’altra che piangeva! Certo che tutto il mondo, quella sera, si era messo d’accordo per fargli venire un collasso nervoso.
-No, cioè… un po’. Dai, Lucia, che c’è?-
-Valerio, ti prego, esci un attimo. Solo un’ora, ti prego! Non ce la faccio, devo parlare con qualcuno-
“E io chi sono, il confessore?” pensò irritato Valerio, ma si accorse subito che essere così scortese con la sua amica non avrebbe portato niente né a lui né a lei. E poi sarebbe stata un’ottima scusa per uscire un po’ da quella casa: cominciava a sentirsi soffocare!
-Va bene, va bene. Ci troviamo tra un quarto d’ora in piazza Marconi…-
-No, lì no, Valè! Ci stanno sempre Cesare e gli amici suoi!-
- Ok, allora… senti, il parco che c’è lì vicino, ce l’hai presente?-
-Quello col laghetto?-
-Sì. Quello. Lì va bene?-
-Sì-
-A dopo allora!-
Dopo avere attaccato, Valerio pensò con un pizzico di colpevolezza a Filippo: gli aveva dato buca perché pensava che sarebbe rimasto a casa a consolare sua madre. Ma adesso non ce la faceva proprio a rimanere ancora con le mani in mano, girandosi i pollici in camera sua e pensando a tutte le persone che lo avevano preso per il culo fino a quel momento. Con passo veloce si diresse nel corridoio, afferrò la giacca e fece per uscire. Si fermò appena in tempo per udire le parole di sua madre “dove stai andando?”.
-Esco. Torno dopo. Ciao-
Scese in fretta le scale, sapendo bene cosa si sarebbe trovato ad affrontare: infatti, non appena aprì il portone, un’orda di giornalisti scalmanati ed assetati di notizie lo investì in pieno.
-E’ il figlio, è il figlio- li sentì gridare, ma non si fermò. Con spintoni e calci, Valerio passò attraverso la folla e riuscì a scappare in direzione della strada buia. Correva veloce, non si accorse che nessuno aveva osato seguirlo. Era pur sempre un minorenne e c’era un limite al desiderio di conoscenza dei media, che non gli consentiva di pedinare un giovane solo perché era il figlio di un famoso banchiere in decadenza. Finalmente, Valerio arrivò al parco. Aveva il fiatone e quasi non respirava. Si toccò la tasca: il telefono era ancora lì. Si guardò per un po’ intorno, fino a che, su una panchina poco illuminata, scorse la figura di una ragazza raggomitolata su sé stessa: Lucia era uscita di casa senza nemmeno una maglia, così, con la canotta a spalline, ed in quel momento, molto probabilmente, stava tremando di freddo. Valerio sentì una dolcezza immensa nascere dal profondo del cuore. Quella ragazza dalle spalle così sottili, che mal si adattavano ad un cuore in fondo in fondo tanto saldo, lo riempiva di tenerezza. Lei doveva fare una scelta. Una scelta importante, che avrebbe condizionato la sua intera esistenza fino al momento della sua morte. Doveva decidere di dare alla luce una creatura, di veder sbocciare la vita tra le sue mani un po’ tremanti, e doveva farlo da sola. “E col mio aiuto” pensò Valerio, e le si avvicinò. Non appena lo vide, Lucia si alzò con occhi gonfi di lacrime ed andò ad abbracciarlo. Valerio la lasciò fare, stringendo a sé quel corpicino scosso dai singulti.
-Valé… Valè, non so che fare! Ma che devo fare? Ma che ne so, io? E’ tutto così difficile!-
Valerio la ascoltò in silenzio, accantonando i propri problemi in un angolino piccolo piccolo per fare spazio a quelli dell’amica, ed annuì; si tolse la giacca e gliela pose sulla spalle, dopo averle dato un dolce bacio sulla fronte. Ormai erano amici. Ormai erano complici. E quella era una cosa bellissima.
-Stai tranquilla, ok?- disse, stringendosi a lei, un po’ per il freddo, un po’ per rassicurarla –Adesso ne parliamo, va bene?-

---

Intanto, in una pizzeria lì vicino, alcuni ragazzi della falegnameria dove lavorava Filippo stavano discutendo allegramente davanti ad un bicchiere di birra ciascuno. Il trentenne sedeva un po’ in disparte, ascoltando quello che gli altri dicevano e pensando ogni tanto e mestamente al ragazzo che non aveva potuto vedere. Si sentiva anche un po’ in colpa: mentre Valerio era rimasto a casa perché aveva dei problemi in famiglia, lui era uscito senza un minimo di scrupolo. E se fosse stato male? E se avesse avuto bisogno di qualcosa, come una spalla su cui piangere o chissà cos’altro? Filippo sospirò e sorrise ad un suo compagno che gli aveva chiesto cosa avesse da essere così silenzioso.
-Niente- rispose lui.
-Filippo…- richiamò ad un tratto la sua attenzione Tommaso, un suo collega –Ma quello non è il tuo amico? Quello che ti viene sempre a trovare?-
Non gli aveva dato nemmeno il tempo di finire la frase, che Filippo già si era voltato verso l’entrata della pizzeria, intravedendo così la figura di Valerio passare distrattamente insieme ad una ragazza. Ma che stava succedendo?
-Sì, dai- rincarò un altro –ed era pure insieme ad una ragazzina. Eh, beata gioventù!-
-Parli già come un vecchio ed hai solo trent’anni. Ma svegliati!- rise Tommaso, per sentirsi rispondere “trentadue, precisiamo”.
-Io… io vado- mormorò ad un tratto Filippo, prendendo la giacca con un movimento fluido. Tommaso lo guardò, un po’ spaesato.
-Perché? Dai, è ancora presto!-
-Io… domani devo svegliarmi presto-
-Domani hai il giorno libero-
-E’ lo stesso. Devo svegliarmi presto comunque-
Molti si strinsero nelle spalle.
-Allora a giovedì-
-A giovedì- li salutò Filippo, pagando quello che doveva al cassiere ed uscendo nell’aria fresca di una serata anche troppo fredda per il mese che era. Si guardò intorno per un attimo, poi si diede mentalmente dello stupido e si diresse verso la propria macchina: avrebbe dovuto saperlo fin dall’inizio. Non avrebbe dovuto farsi tutte quelle illusioni, quelle speranze. “Filippo, ma ti ricordi com’eri tu alla sua età?” pensò, infilando le chiavi nella portiera. Ribelle, libertino, individualista, indisciplinato. Niente e nessuno era mai riuscito a dissuaderlo dal fare una cosa una volta che aveva preso un decisione. Nessuno era mai riuscito, di propria volontà, a legarlo a sé o a trattenerlo, a porgli dei limiti o a imporgli qualcosa. E perché Valerio avrebbe dovuto essere diverso? Si mise al volante, chiudendo la portiera con un tonfo sordo. Lui era solo un ragazzo di diciassette anni che ancora non poteva sapere cos’erano le responsabilità, i dubbi e le necessità di un trentenne, e nemmeno gliene faceva una colpa! In realtà era sua la colpa, tutta sua. Sua, che si era aspettato da Valerio qualcosa di troppo grande ed impegnativo. Sua, che aveva pensato di iniziare una relazione seria con lui. Mise in moto, facendo scaldare il motore. Lo sbaglio lo aveva fatto fin dall’inizio: non avrebbe dovuto lasciarsi andare con lui, prenderlo per mano mentre camminavano per strada, fargli capire che da lui avrebbe voluto qualcosa di più che qualche semplice frase di cortesia scambiate per strada. Probabilmente quella per Valerio era un’esperienza come un’altra, qualcosa di cui avrebbe potuto vantarsi in seguito, un’azione che aveva il sapore del rivoluzionario ed il brivido del proibito. Un sciocchezza… Ma allora, perché lui gli aveva dato così tanta importanza?
Con gesti lenti, spense il motore e appoggiò la testa sulle mani ancora ferme sul volante. E lì rimase per qualche momento, prima di rimettersi in sesto e finalmente partire nel buio della sera.

---

-Ciao Filippo-
-Ciao-
I due si sorrisero, anche se Valerio poté scorgere negli occhi dell’altro qualcosa che assomigliava molto a tristezza, o solo stanchezza in fin dei conti? Erano passati tre giorni dall’incarcerazione forzata del padre di Valerio, ed ancora lui non aveva ricevuto sue notizie. Avrebbe potuto andare a trovarlo, ma non se la sentiva proprio, soprattutto dopo l’espressa richiesta dell’uomo di non farlo. Neanche Valerio voleva vederlo in quelle condizioni così misere. La notizia era stata trasmessa da tutti i telegiornali e, probabilmente, anche il suo compagno ne era a conoscenza.
-Come stai?- domandò infatti Filippo, con quel suo accento che Valerio non aveva ancora imparato ad apprezzare. L’interpellato alzò le spalle.
-Così-
Erano a casa di Filippo, un piccolo appartamento in cui Valerio era già stato altre volte. Ormai lo conosceva bene.
-Così come?-
-Così così- rispose di nuovo Valerio, che cominciava ad irritarsi. Non era del massimo umore, se poi anche lui ci si metteva con quei giochetti stupidi, allora la sua pazienza andava decisamente a farsi benedire –Piuttosto, non mi fai entrare? Gli ospiti non si tengono sulla porta-
-Scusa- mormorò Filippo, e si fece da parte per farlo passare; mentre entrava, Valerio si sentì una mano del compagno che gli si poggiava sulla schiena, ed istintivamente si ritrasse. Forse Filippo avrebbe voluto abbracciarlo, o forse solo fargli sentire un po’ di calore umano. Fatto sta che l’ultima cosa di cui aveva bisogno Valerio in quel momento era il contatto fisico. Si allontanò dall’amico e si mise a sedere sul divano, senza guardarlo. Filippo sospirò e si mise accanto a lui.
-Me ne vuoi parlare un po’?- domandò, con voce gentile.
-Ma non dovevamo guardare un film?- chiese a sua volta il ragazzo, fissando la televisione spenta.
-Lo guarderemo. Vuoi parlarmene?-
-Direi di no-
-…- Filippo tacque un attimo, e Valerio capì di averlo offeso.
-Io… senti, non mi va di parlarne con nessuno, capisci?-
-Si, certo-
-E’ che è stato tutto così veloce e confuso, e…-
-Vale, ti capisco-
-E invece mi sembra di no- si irritò di nuovo Valerio, vedendo che quell’aria malinconica non scompariva dal volto del suo interlocutore. Non avrebbe mai pensato che Filippo era giù di morale per tutt’altro motivo –Mi sembra proprio di no-
-Perché dici così?-
-Non lo so, guarda che faccia che hai!- lo aggredì con veemenza. Filippo aggrottò le sopracciglia.
-Perché, che faccia ho?-
-Dai, non fare ‘sti giochetti con me, eh!-
Filippo non rispose. Si sistemò meglio sul divano, poi fece per mettere una mano intorno alle spalle di Valerio. Ancora, lui si scansò, ma stavolta consciamente, senza preoccuparsi di attutire il gesto o farlo passare come una conseguenza dell’ansia di quei giorni.
-Vale- cominciò poi Filippo, dopo qualche attimo di silenzio –perché mi hai mandato quel messaggio tre giorni fa?-
-Quando?- domandò Valerio, sentendosi all’improvviso la gola secca.
-Dai, l’ultima volta che ci dovevamo vedere e tu non te la sei sentita di uscire-
-L’hai detto adesso tu, perché non me la sentivo di uscire!-
-Davvero?-
-Si- rispose Valerio, con tono di sfida. Non poteva riferirsi all’uscita con Lucia. Come avrebbe potuto? Era assolutamente impossibile che fosse venuto a sapere di quell’unica ora e mezzo che aveva passato con la sua amica.
-Ah. Ok…- mormorò Filippo, guardandolo negli occhi –Senti Vale… forse è meglio se io e te non ci vediamo per un po’-
Valerio rimase allibito. Guardò Filippo come se fosse stato un alieno che gli proponeva di seguirlo in un viaggio su Marte.
-Cosa?- riuscì alla fine a sussurrare, incredulo.
-E’ meglio se lasciamo perdere, almeno per ora- continuò Filippo, senza mai smettere di fissarlo negli occhi –Tu sei molto nervoso in questo periodo, adesso anche questo casino con tuo padre, ed io che sto di mezzo a complicarti la vita… non mi sembra giusto-
-Ma che ne sai tu di cosa è giusto per me?- domandò Valerio, interrompendolo.
-Io credo di saperlo, perché sono più grande-
-Ma cosa sai tu? Tu non sai proprio un bel niente- ribatté Valerio, alzandosi –Tu stai solo facendo quello che è meglio per te! Si, va bene, sono uscito con Lucia, perché ne aveva bisogno! Mi vuoi scaricare per questo?-
Anche Filippo si alzò in piedi. Era alto quasi quanto lui, forse addirittura un poco di meno.
-Non è per quello, Valerio, ma non capisci? E’ una situazione difficile, delicata, magari ti serve solo un po’ di tempo per riflettere-
-Ma riflettere su cosa?- chiese Valerio, che stava cominciando ad agitarsi veramente.
-Vale, io torno per un po’ a Livorno-
Ed eccola la notizia, spiazzante, devastante. Valerio non rispose, fissò Filippo come se in realtà non lo vedesse, come si potrebbe fissare una grande lastra di vetro trasparente.
-Passo qualche mese là, due, tre, non lo so- continuò Filippo, calmo –I ragazzi della falegnameria hanno detto che non c’è problema, che ci sarà sempre un posto ad aspettarmi, quando vorrò tornare. Forse così- esitò –potremmo chiarirci le idee. Tu potresti chiarirti le idee. Magari… capiresti che, in realtà, non sono io la persona con cui vuoi stare-
Valerio non rispose. Sentiva l’ansia che saliva, il respiro che si faceva più pesante. Eppure era da tre settimane che quel maledetto asma era scomparso! E adesso sentiva che stava per tornare, non riusciva a respirare correttamente. Fissò il pavimento per qualche secondo, deglutendo a vuoto. Filippo lo guardava, preoccupato.
-Valerio? Valerio, stai bene?-
All’improvviso questi alzò lo testa e puntò le proprie iridi azzurre nelle sue. Filippo si sentì cedere le ginocchia.
-Sì, sto bene-
-Vuoi che ti riaccompagni a casa?-
-Non ce n’è bisogno- assicurò il ragazzo, affrettandosi verso la porta. Si sentì afferrare per un braccio.
-Se vuoi, richiamami quando te la senti…-
-Filì, ma vaffanculo!- si svincolò Valerio, e si precipitò giù per le scale.

---

-Cioè, ma ti rendi conto? Che stronzo!- borbottò Valerio, con la bocca affondata in un cuscino rosa chiaro che evidentemente non apparteneva alla sua camera. Lucia lo stava a sentire, seduta accanto al suo corpo sdraiato, con un peluche a forma di orsetto in grembo. A volte si toccava la pancia, come se avesse paura di vedersela gonfiare di botto.
-E’ la settima volta che dici così. Ma perché lo vieni a dire a me?-
-In che senso?-
-Nel senso… tutto quello che mi hai detto- Lucia alzò gli occhi al cielo –il legame di cui mi hai parlato, il fatto che lui sia importante per te, la paura che trovi un altro in quel tempo in cui non vi vedrete… perché non le dici direttamente a lui queste cose?-
Valerio sospirò nel cuscino e ci affondò ancora di più la testa, mormorando qualcosa.
-Eh?-
-E’ che mi vergogno!-
-Ma se lui ti piace…-
-Certo che mi piace!-
-Allora diglielo! Dimostraglielo!-
-Ma pensi sia così semplice?- le sbottò in viso lui, accorgendosi solo dopo di averle praticamente urlato in faccia. –Scusa…-
-Lo vieni a dire a me?- mormorò lei, e ad un tratto sembrò più piccola di quanto non fosse mai stata. Valerio avrebbe voluto dirle qualcosa di gentile, qualcosa per tirarla su di morale, quando, all’improvviso, il suo cellulare squillò. Lo prese dalla tasca e lo guardò svogliatamente.
-E’ lui. Di nuovo-
-E allora rispondi, no?-
-E che gli dico?-
-Che gli vuoi parlare-
Valerio la guardò come se fosse pazza.
-Ma che stai a dì, Lucia?-
-Valerio…- lei lo guardò in modo così intenso che lui non potè fare a meno di ascoltarla –se non lo farai adesso, te ne pentirai forse per tutta la vita. Nascondersi non serve a niente… te lo dico per esperienza- mormorò, riferendosi probabilmente alla sua storia con Cesare. –Avanti, rispondi-
E Valerio non poté fare a meno di farlo.
-Pronto. Sì. Sono… da Lucia. Io…- la guardò con sguardo supplice. Lei lo invitò a continuare con un cenno –Sì. Va… va bene. A tra poco-
Riattaccò e rimase a fissare lo schermo del cellulare con aria assente. L’amica gli toccò una spalla.
-Cosa ha detto?-
-Che vuole vedermi. Tra mezz’ora. Dice che ci vediamo davanti alla scuola-
-Alla nostra?-
-Sì-
Lucia sorrise, con dolcezza, e per Valerio quello sembrò il sorriso più vero e profondo del mondo. Si avvicinò a lei lentamente, poggiandole una mano sulla guancia, e le diede un leggerissimo bacio sulle labbra. Un attimo. Un solo attimo in cui il ragazzo racchiuse tutto: amore, gratitudine, incertezza, amicizia, tenerezza, complicità. Tutto il mondo era raccolto in quel bacio, prostrato di fronte a quel momento di affetto adolescenziale, tanto vero quanto fragile.
-Grazie- mormorò Valerio e Lucia scosse la testa.
E in poco tempo Valerio era lì, nel posto che aveva concordato col suo compagno. Il liceo di notte faceva quasi paura: un grande costruzione dalle mura gialle che, nell’oscurità, sembravano un uniforme barriera nera. Il cancello, quasi come i denti serrati di un enorme mostro spaventoso, era chiuso, saldo al suo posto e attraverso le sbarre si poteva vedere il vialetto d’entrata e le colonne ai lati della scalinata d’ingresso. Valerio si strinse nella sua giacca blu (peraltro, piuttosto leggera), pensando che a quell’ora non avrebbe dovuto essere lì, ma a letto. Benché fosse passata da poco la mezzanotte, le strade erano deserte, forse perché in pieno Giugno non si erano mai viste serate più fredde di quelle. Fece due o tre passi per riscaldarsi, quando l’auto di Filippo si fermò accanto al marciapiede, a pochi metri da lui. Poco dopo l’uomo era di fronte a lui. Valerio lo salutò con un cenno della testa, fissando gli occhi su un punto imprecisato del terreno.
-Ciao… di nuovo- lo salutò Filippo, con quella sua voce dolce. Valerio amava quella voce.
-Mmm- rispose solo lui.
-Sei ancora arrabbiato?- dritto all’obbiettivo. Valerio mugugnò di nuovo.
-Devo prenderlo per un sì o per un no?-
-Non lo so…- mormorò Valerio e alzò gli occhi, incontrando quelli dell’altro. Filippo gli restituì lo sguardo e improvvisamente Valerio, senza nemmeno capire come ci era finito, si ritrovò tra le sue braccia, stretto spasmodicamente a lui. Non avrebbe saputo dire chi si fosse avvicinato per primo, né se fosse stato Filippo a stringerlo a sé, ma a quel punto tutto quello non gli importava. Gli importava solo del calore del corpo dell’altro che lo proteggeva come una guaina, una mano di Filippo salda dietro la schiena, l’altra a giocare con i suoi riccioli chiari. E d’un tratto si sentì bene. Vivo. Si strinse ancora di più a Filippo, nascondendo il volto sulla sua spalla, e si lasciò carezzare la testa coma un cucciolo in cerca di affetto.
-Valerio…- mormorò l’uomo, con una nota di commozione nella voce –Io…-
-Shhh- Valerio alzò la testa, intimandogli di tacere –Non dire nulla. Non serve- e capì finalmente che c’era una sola cosa da fare in quel momento, e che sarebbe stata quella giusta. Così si avvicinò piano al viso di Filippo e, timidamente, poggiò le proprie labbra sulle sue. Non era stato un vero e proprio bacio. Forse l’ombra, il respiro di esso. Ma per entrambi era stata la cosa più bella del mondo. Non si erano mai baciati fino ad allora perché Valerio non si era mai sentito pronto per farlo. E adesso quel timido contatto era quanto di più bello potesse accadere fra loro.
Filippo lo guardò con dolcezza, toccandogli il retro del collo con i polpastrelli.
-Sei bellissimo- gli disse, con un candore genuino e sicuro.
Valerio arrossì come un bambino –Non è vero- ribatté, distogliendo lo sguardo.
-Sì che lo è- rispose Filippo –Sei veramente un angelo-
-Adesso basta- Valerio gli afferrò le spalle e tornò a fissarlo intensamente, ancora stretto a lui. La strada vuota faceva da cornice alla strana scena di due ragazzi che, vicinissimi l’uno all’altro, si parlavano di fronte ad un liceo del centro di una Roma ricca ed industrializzata. –Basta scherzi, basta cazzate. Se sono così bello, perché vuoi andare via? Perché mi vuoi lasciare… lasciare qui da solo?-
E Filippo si sentì spezzare il cuore. Stava facendo davvero la cosa giusta, dopotutto? Stava davvero cercando di lasciare spazio al suo giovane compagno, o forse stava cercando di fare chiarezza nella propria mente? Non era, in realtà, un desiderio un po’ egoistico il suo?
-Valerio, mi dispiace, io-
-Tu cosa? Tu te ne vai, te ne torni a Livorno, e io rimango qui! Due mesi, Filippo, sono tantissimi!-
-Non è vero- stavolta fu Filippo a dirlo, e Valerio lo guardò come se fosse matto. –Un anno è tanto. Sei mesi sono tanti. Non due.- continuò –Valerio, ormai ho deciso. Ho già avvertito la mia famiglia, ho già chiesto il periodo di aspettativa al lavoro… è già tutto pronto-
Valerio sospirò, rassegnato.
-Allora hai già deciso, eh?-
-Sì- ammise Filippo.
-Ma… è per colpa mia?- tentò di nuovo il ragazzo –Ho fatto qualcosa che non dovevo? Ti ho deluso, non lo so…-
-Valerio- Filippo sembrava sinceramente colpito da quelle parole –ma come potresti avermi deluso, proprio tu? Magari sono io che ho deluso te- chiuse gli occhi un attimo, stringendo la presa su quel corpicino gracile –Io che scappo e mi lascio tutto alle spalle… Ascoltami bene, tu non hai colpa, hai capito?- Valerio annuì –Lo faccio per entrambi… così capiremo davvero cos’è che vogliamo-
-Ma io lo so già cosa voglio!- lo interruppe Valerio, poggiandogli le mani ai lati del collo –Io… io voglio te!- esclamò, e nonostante gli ci fosse voluta una grande forza di volontà per pronunciare quelle semplici parole, subito dopo Valerio si sentì come liberato da un peso. L’aveva detto, finalmente! L’aveva detto ad alta voce! Filippo rimase a guardarlo senza dire niente: non si sarebbe mai aspettato una così sincera e chiara dichiarazione d’amore da parte del suo giovane compagno. Sicuramente quella frase lo aveva reso felice, ma nonostante tutto sentiva anche di essere immensamente triste per l’imminente partenza. Ma ormai non poteva più tirarsi indietro. Aveva deciso. E doveva dare il buon esempio a Valerio: lui, che era il più grande, doveva essere sicuro di quello che faceva, non poteva oscillare e farsi trasportare dagli eventi. Doveva dire una cosa e fare quella. Non il contrario.
Sorrise e si avvicinò a Valerio, dandogli un casto bacio sulla guancia.
-Allora promettimi che mi aspetterai-
-Questo dovrei dirlo io a te!- esclamò Valerio, allontanandosi di un passo per guardarlo meglio –Promettimi che non cercherai un’altra persona… e che ti ricorderai sempre che io sono qui ad attenderti!-
-Prometto- Filippo gli carezzò una guancia –Adesso tu pensa soltanto a te stesso: goditi queste vacanze, e soprattutto… stai vicino a tua madre-
Valerio ebbe una fitta al cuore. La mamma. E suo padre, ancora in carcere. Si rabbuiò.
-Mi lasci da solo proprio adesso…-
-Diciamo che ti sto dando la possibilità di fare ordine dentro tè stesso- rispose Filippo, calmo –Occupati della tua famiglia e dei tuoi amici, non pensare a me. In questo periodo sarei soltanto un peso…-
-Non è…-
-Sì che lo è- concluse fermo Filippo –E pensa a noi due. Cerca di capire se questo è davvero quello che vuoi. E se lo è, beh, quando tornerò sarà più bello di prima…-
Valerio esitò –E se capisco che non lo è?-
-Allora dovrò abituarmi all’idea di averti perso- mormorò Filippo dopo un attimo –ma almeno saprò che tu sarai felice ed in pace con te stesso… e questo mi basta-
-Quanto sei teatrale- lo prese in giro bonariamente il ragazzo. Si sorrisero per l’ennesima volta, poi si avvicinarono di nuovo. Filippo prese la mano di Valerio ed intrecciò le proprie dita con le sue.
-Ti va di fare due passi?-
-Certamente-

---

Passarono così i due mesi, Giugno e Luglio. Filippo era partito subito dopo la fine della scuola e Valerio era andato a salutarlo alla stazione. Si erano guardati negli occhi in silenzio, senza dire una parola, fino a che il controllore non aveva fischiato la partenza del treno Roma-Firenze; poi Filippo gli aveva carezzato dolcemente una guancia e lo aveva salutato con un “ciao” a mala pena udibile. Valerio non era nemmeno riuscito a parlare. Aveva fatto solo un cenno con la mano. Subito dopo, il ragazzo si era nascosto nei bagni della stazione ed aveva provato a piangere, senza risultato: era più forte di lui. Gli insegnamenti che suo padre gli aveva impartito circa l’essere un uomo di polso, che non si lasciava trascinare dalle emozioni, prendevano il sopravvento persino sul dolore della perdita. E così, lentamente, erano passati i giorni. I due avevano deciso di non sentirsi per tutto il periodo in cui sarebbero stati separati e, per non cadere in tentazione, Valerio era stato costretto a cambiare scheda: vuota, senza messaggi né numeri salvati. In questo modo, il cellulare avrebbe assunto la semplice funzione di tramite fra lui e pochi altri, come la madre o Lucia. Era con quest’ultima, infatti, che aveva trascorso la maggior parte dell’estate. Se glielo avessero detto all’inizio di quell’anno scolastico, che avrebbe speso la maggior parte del suo tempo con Lucia Manetti, la segreta ragazza di Schifani, probabilmente si sarebbe messo a ridere. Era una novità: per tre anni consecutivi aveva passato la sua vita in funzione di Rizzo e le vacanze erano state sempre un mero gironzolare insieme a lui per bar, discoteche, località marittime e ancora discoteche, alla ricerca di qualcosa che non avrebbe mai soddisfatto nessuno dei due. E invece, inaspettatamente, quei due mesi furono i più tranquilli della sua vita. Per la prima volta poté dire di aver passato due mesi di vacanza. Le calde giornate estive si srotolavano pigramente tra granite, passeggiate, gite in treno e, sì, perfino visite al penitenziario. Alla fine, Valerio si era deciso ad andare a trovare suo padre. Il primo incontro era stato devastante: il viso magro di suo padre lo aveva salutato con aria smunta, indossando un vestito di pentimento e rassegnazione, velato forse da un pizzico di sorpresa. Non avevano parlato molto. L’uomo gli aveva chiesto di non andare più, ma Valerio si era prontamente e fermamente rifiutato. Intanto, era pronta un’amnistia per la fine di Agosto e presto Valerio avrebbe potuto rivedere suo padre tra le mura di casa. E, tra tutto questo, tentava di non pensare a Filippo. Fino a che, un giorno dei primi d’Agosto, Valerio si presentò inaspettatamente a casa Manetti. I due ragazzi stavano sdraiati sul letto, in silenzio, mentre lo stereo di Lucia emetteva, come un ronzio soffocato, le note di una canzone che oscillava tra l’hard-core ed il trash demenziale.
-Chi hai detto che sono, questi?- domandò ad un tratto Valerio.
-Tanto non li conosci- mormorò Lucia, senza guardarlo. Con aria pensierosa, si accarezzava la pancia che era diventata sempre più grande e gonfia. Ormai era al secondo mese di gravidanza e, anche se non era passato così tanto tempo, si sentiva sempre più sicura di voler tenere quel bambino –Allora, sei qui perché vuoi conoscere i miei gruppi o cosa?-
Valerio sospirò, fissando anche lui un angolo del soffitto bianco.
-No, no… è che… oggi torna Filippo-
-Oggi?- domandò Lucia, con quel suo tono strascicato che tante volte aveva fatto imbestialire Cavicchioli –E non sei contento?-
-Sì, lo sono, però…- e tacque. Lucia, a sua volta, non disse niente, persa nel pensiero di dover lasciare andare, di nuovo, l’unica persona che aveva mai amato con tanta intensità da farle quasi dolere il cuore. Per tutto quel tempo lo aveva avuto solo per sé, ed erano stati giorni fantastici. Ma adesso…
-Sei indeciso?- se ne uscì, infine, quasi con un filo di speranza.
-In che senso?-
-Nel senso… sei ancora sicuro che lui è la persona per te? Che vuoi stare con lui?- Lucia non avrebbe voluto porgli la domanda proprio in quel modo, ma ormai le era uscita così e non avrebbe potuto fare altro che attendere la risposta. Valerio la guardò, aggrottando le sopracciglia.
-Ma che domanda è? Certo che si!-
Lucia strinse le labbra, senza lasciar trapelare un minimo sentimento. Ci aveva sperato per un attimo. Ed era stata delusa per l’ennesima volta. Era così che andava il mondo.
-E allora? Perché stai così in paranoia?-
-Perché- Valerio si grattò la testa –ho paura di andare alla stazione e vederlo scendere per la mano con un ragazzo tre volte più bello e grande di me-
-Più bello di te sarà impossibile- ironizzò Lucia, e Valerio ridacchiò.
-Ma va!-
-Ma scusa… tu come fai a sapere che torna oggi?-
-Mi ha mandato un messaggio sulla scheda vecchia- che, per inciso, Valerio controllava una volta al giorno, tutte le sere prima di andare a dormire –Dice che arriva oggi alle sei e venti-
Lucia si voltò lentamente verso di lui con un’espressione indecifrabile sul volto, poi sbottò.
-A Valè, ma vaffanculo!-
-Oh! Ma che o detto??-
-Cioè, ti sembra che se lui aveva trovato un altro, ti veniva a dire a che ora tornava? Ma sei scemo?-
Valerio si morse il labbro inferiore, senza smettere di guardarla.
-Non lo so-
-Senti, adesso mi hai rotto co’ ‘ste paranoie, va bene?- affermò Lucia, scendendo dal letto con circospezione e tenendosi sempre i palmi aperti sul ventre –Mò esci e vai a prenderlo alla stazione. Su. Te voi alzà?-
-Oh, Lucia, eh, con calma!- Valerio si alzò dal letto e controllò l’orologio. Le cinque e quaranta. –Se mi sbrigo, forse ce la faccio pure a piedi-
-Eh, si, forza, sbrigati! Che io c’ho da fare- e così dicendo, Lucia lo sospinse verso la porta della sua camera –Tanto l’uscita lo sai dov’è. Ciao!-
Valerio si fermò di fronte alla porta e si voltò a guardarla. Lucia abbassò gli occhi, e Valerio sorrise.
-Grazie Lucia. Sei un’amica- e uscì.
-Se… un’amica- mormorò lei, mentre una lacrima calda cadeva sul parquet della stanza –ma vaffanculo, Campitè- e sorrise di sé stessa. Poi si distese sul letto, sempre passandosi dolcemente le dita sulla pancia, e si addormentò tra le lacrime.

---

Il treno fischiò per l’ultima volta e si fermò, lentamente, come un grande lombrico dal ventre rigonfio di persone che striscia lungo un binario di ferro battuto. Valerio, a debita distanza, aspettò che le porte si aprissero e che le persone cominciassero a scendere: uomini che trascinavano pesanti valigie, ragazzini con palloni da calcio sotto il braccio, mamme che faticavano per far poggiare senza troppi scossoni le carrozzelle dei nuovi nati sulla piattaforma. La pensilina era diventata un via vai brulicante, nel quale sembrava impossibile riconoscersi perfino a qualche metro di distanza. Ma Valerio certo non si dava per vinto. Con il cuore che batteva a mille, vestito con una delle sue solite camicie pulite e stirate dalla mamma e dei pantaloni blu scuro, scrutava tra la folla in cerca del volto dell’uomo. Magari, in quel momento, Filippo lo stava cercando proprio come faceva lui, passando in rassegna i visi di tutta la folla. Chissà se, quando lo avesse visto, gli sarebbe corso incontro? Chissà se lo avrebbe almeno abbracciato? O, forse, si sarebbe limitato a sfiorargli l’avambraccio con la mano, come aveva fatto tante volte nei mesi passati, quando si erano trovati in posti particolarmente gremiti di gente. All’improvviso, il cuore di Valerio perse un battito ed il ragazzo fece un passo avanti: era lui, ne era sicuro. Filippo, a poca distanza da lui, con un trolley nero accanto, si passava una mano tra i capelli, voltando la testa a destra e a sinistra. Lo stava cercando… Non era cambiato affatto: forse un po’ più abbronzato, di sicuro meno tonico di quanto non lo fosse quando lavorava alla falegnameria. Valerio sorrise, prese coraggio e gli si avvicinò. Appena Filippo riconobbe il giovane che gli stava venendo incontro, i suoi occhi si illuminarono ed un dolce sorriso si dipinse sulle sue labbra. Valerio gli sorrise a sua volta. Quando furono l’uno di fronte all’altro, nessuno dei due si mosse o disse niente. Valerio era troppo preso da quell’attimo meraviglioso, Filippo troppo perso negli occhi dell’altro per poter formulare qualsiasi tipo di pensiero che fosse minimamente coerente. Alla fine, Valerio mormorò un ciao. E Filippo perse qualsiasi remore che lo trattenesse dal fare una sciocchezza: senza curarsi delle persone che gli passavano accanto, Filippo prese Valerio tra le braccia e lo baciò, un bacio passionale e dolce al contempo, che racchiudeva tutta la gioia provata nel rivederlo, la fatica del viaggio, la sensazione di vuoto che aveva provato nei giorni in cui erano stati lontani e, soprattutto, tutto l’amore che provava per lui. Rimasero a baciarsi fino a che i polmoni glielo permisero, poi si sciolsero dall’abbraccio e ancora si sorrisero. Valerio non riusciva a credere a quello che era appena successo…
-Wow- disse solo, e Filippo rise. Insieme si avviarono verso l’esterno della stazione, trascinandosi dietro la valigia del trentenne. Mentre camminavano, parlavano.
-Allora, com’è andato il viaggio?-
-Bene… tutto bene-
-Anche il soggiorno? Hai trovato i tuoi parenti a Livorno?-
-Sì, anche loro tutto bene-
Valerio lo guardò di sottecchi.
-Non vuoi dirmi altro?-
-Che ti devo dire?-
-Non lo so- Valerio tentennò, appoggiandosi al palo di un semaforo mentre aspettavano il verde per poter attraversare –Hai fatto… nuove conoscenze?-
Filippo sogghignò –Mah, si, c’era Marco…-
-Ah- disse solo Valerio, sentendo un crampo allo stomaco.
-Sì, simpatico, siamo usciti un paio di volte-
-Ah- disse ancora Valerio, abbassando lo sguardo mentre camminavano.
-E’ rimasto a dormire qualche volta da me, sai com’è, una birretta tra amici…-
-Sì…- mormorò Valerio, mentre una gran voglia di piangere gli si faceva largo nel petto –Peccato che, l’ultima volta che mi hai offerto una “birretta tra amici”, era perché ti piacevo-
-Già- affermò Filippo, tranquillo –mi piacevi. Certo, peccato che Marco sia mio cugino- concluse, sorridendo. Valerio alzò la testa di scatto e lo guardò con aria confusa.
-Tuo… cugino?-
Filippo annuì, ridacchiando sotto i baffi. Valerio sospirò e cercò di asciugarsi gli occhi, divenuti un po’ lucidi, senza farsi notare –Credevo… pensavo…-
-Che ci fosse qualcun altro- Filippo sospirò –Valerio- continuò, dando uno strattone al trolley che si era arenato contro un marciapiede –Te l’ho detto che tu sei un angelo. Dove potrei trovare un altro come te?-
Valerio sorrise al terreno.
Continuarono a parlare fino a che non arrivarono di fronte all’appartamento di Filippo: tutto era come l’aveva lasciato il giorno in cui era partito. Aprì e depositò la valigia accanto al vano della porta, poi si appoggiò allo stipite e fissò Valerio.
-Vuoi entrare un po’?- domandò dolcemente.
Valerio guardò l’ora: parlando e camminando, avevano fatto le otto.
-Non lo so… è tardi, mi sa che dovrò andare a casa per la cena-
Filippo sembrò leggermente deluso, poi però gli sorrise per l’ennesima volta.
-Ok, non importa. Ci vediamo presto?-
-Mmm, ok. Presto-
I due tentennarono un po’, impacciati, non sapendo come salutarsi, poi Filippo fece un cenno con la mano e chiuse la porta. Si buttò sul divano, stanco, chiudendo gli occhi ed appoggiando la testa contro il basso schienale: era stato un viaggio faticoso. Adesso avrebbe dovuto disfare la valigia, dare una spolverata ai mobili, chiamare i ragazzi della falegnameria… Non aveva nemmeno finito di riordinare le idee, che subito il rumore del campanello gli invase le orecchie. Sulla porta, Filippo si trovò un Valerio timido ma felice.
-Ho cambiato idea… ti va una pizza?-
-La mamma che ha detto?- chiese Filippo, alzando un sopracciglio.
Valerio alzò gli occhi e puntò le proprie iridi nelle sue con aria furbetta –Che posso fare tardi-
Filippo ridacchiò.
-Allora sei il benvenuto- e, cingendogli la vita con un braccio, se lo strinse al petto, chiudendo poi la porta. Una volta dentro, Filippo si buttò disteso sul divano ed invitò Valerio a sdraiarsi accanto a lui. Il ragazzo sembrò indeciso, magari imbarazzato, ma alla fine si stese accanto all’uomo e si lasciò abbracciare, mentre le guance gli si impreziosivano di un leggero rosa confetto. Rimasero così, in silenzio, per parecchi minuti, fino a che Filippo non parlò.
-Sono felice che tu mi abbia aspettato-
-No, io sono felice che tu sia tornato- mormorò Valerio sul suo collo.
-Vorrei rimanere così per sempre- se ne uscì Filippo poco dopo e Valerio sorrise, senza dire niente –mi prometti di non spaventarti se ti dico una cosa?-
-Spara-
-Penso di amarti-
Valerio si morse un labbro, ancora senza rispondere. Filippo gli carezzò la schiena. –Tranquillo, non mi devi dire niente. Voglio solo che tu lo sappia- inclinò la testa fino a che riuscì a guardarlo –hai degli occhi bellissimi-
Ancora Valerio non rispose, lo baciò velocemente sulle labbra ed abbandonò la testa contro il suo braccio.
-Ti spiace se… chiudo gli occhi un attimo?- domandò infine Filippo, e Valerio scosse la testa.
-Fai pure- e si accoccolò di più contro di lui, ascoltando il suo respiro che diventava piano piano regolare e aspettando che si addormentasse. Quando fu sicuro che l’uomo dormiva, Valerio gli baciò teneramente la pelle del braccio, calda per il sole, e un soffio leggero come la brezza mattutina gli sfuggì dalle labbra: -Anch’io-
Poi anche lui chiuse gli occhi e si lasciò andare tra le braccia di Morfeo.

*END*

 
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Barby Duff90
view post Posted on 19/6/2008, 18:00




Wow..... :woot: è fantastica sta storia...che stile...bravissima DILY....mi è piaciuta un sacco...ci ho messo un bel pò per leggerla ma ne è valsa la pena!!!! ihihihih ^_^
 
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tenerafra
view post Posted on 19/6/2008, 19:25




e brava diletta!!!davvero bella.....
:):)
un bacione...
 
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a_less_s
view post Posted on 19/6/2008, 19:54




Oddio.....mi sembrava di trovarmi li, con loro.....
sei veramente brava! ma come fai?...
mi sono emozionata tantissimo!!!!!!
sei super brava!!!!!!!!
continua cosai...la storia è davvero bella......

grande diletta!
 
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everything88
view post Posted on 19/6/2008, 20:27




diletta sei veramente eccezionale..senza dubbio la storia migliore scritta finora..hai uno stile mitico..veramente molti complimenti..fossi in te ci penserei su seriamente allo scrivere!!
 
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view post Posted on 19/6/2008, 21:05
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bravissima diletta..hai mai pensato di parteciapre ad un concoso di scrittura..io l'ho fatto!!!
 
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Savier
view post Posted on 20/6/2008, 01:24




Brava Diletta, complimenti! Ti sei fatta un fan! Ora farò pressione su di te affinchè ne scriva altre! XD
 
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XdarkXloverX
view post Posted on 20/6/2008, 15:48




oddio grazie a tutti!!! Ora mi imbarazzo... non credevo che la mia storia avrebbe riscosso tanto successo!!! :o:

Grazie a tutti ragazzi, veramente!!! mi piace molto scrivere e, taty, magari potessi scrivere seriamente! Ci sto provando, a scrivere un piccolo romanzo, ma... ^^"""

Savier, chiedimi tutte le storie che vuoi!!! Io amo scrivere, è la mia droga eh eh... ^_^

Ancora grazie a tutti per i complimenti che mi avete fatto! Un bacione
 
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everything88
view post Posted on 20/6/2008, 16:35




mi raccomando se è una tua passione coltivala perchè hai talento..e mi raccomando poi mandami una copia gratuita e autografata dei tuoi romanzi!!XD
 
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XdarkXloverX
view post Posted on 20/6/2008, 16:38




XDXD Eh, magari... XD se mai scriverò un romanzo, sarai la prima ad avarelo XD comunque grazie ancora per i complimenti... ma non so fino a che punto arrivi il mio talento... a volte mi sembra di essere un po' troppo prolissa, di soffermarmi troppo su particolari inutili... tipo, una mia amica, per prendermi in giro, dice che per descrivere l'apertura di una porta mi metto a parlare della consistenza del pomello, del freddo sulle dita, ecc ecc XD tu che dici, taty?
 
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Savier
view post Posted on 20/6/2008, 17:53




Mmm... posso dire cosa penso?! Premetto che io ho fatto un corso di critica quindi qualche idea su come valutare un'opera ce l'ho... sinceramente credo che la tua amica abbia detto l'unica cosa che non hai di sbagliato. Porto un esempio: ne "Il nome della rosa" Umberto Eco (che per inciso, io adoro!) scrive quasi due pagine intere per descrivere la grande biblioteca di Melk, in un altro passo descrive perfettamente e minuziosamente la forza delle fiamme, il loro colore ecc...
Non è questo essere prolissi o "perdersi nella descrizione delle cose", personalmente credo che la grande abilità di uno scrittore, in quanto lavora con le parole e non con le immagini, come per esempio fa un regista, sia proprio quella di fare immaginare perfettamente al suo lettore, e naturalmente questo avviene solo fornendogli un numero maggiore di "dati". Secondo me, e sottolineo è una mia idea, nulla di più, tu hai un grande talento, veramente grande. L'unico problema credo sia nell'analisi psichica dei personaggi. Credo che dovresti descrivere un pò di più i pensieri dei personaggi e soprattutto caratterizzarli fortemente, con un particolare qualsiasi. Questa è una cosa che ho imparato in questo corso, a volte ci ricordiamo dei personaggi soprattutto per le loro stranezze e non tanto per le loro azioni (Santo Manzoni insegna sempre!!!). Per il resto credo che non ci sia nulla da criticare, ma solo da complimentarsi vivamente, soprattutto perché scrivi in un italiano ottimo, scorrevole e soprattutto godibile (cosa che è molto rara da trovare nelle fanfiction, ed io sono un grande lettore di fanfiction, ne ho lette oltre 3000 ^^), e poi la trama è decisamente ben studiata e non casuale! Quindi rinnovo i miei complimenti e soprattutto l'invito (minaccia U_U) a scrivere altre fanfiction! XD Naturalmente questo è il mio pensiero personale.
 
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XdarkXloverX
view post Posted on 20/6/2008, 18:07




Savier, io devo solamente ringraziarti... guarda, il corso a cui hai partecipato deve essere stato interessantissimo, e mi piacerebbe assistere ad incontri simili!!! Rispondo per ordine... innanzitutto, credo che tu abbia completamente ragione, lo scrittore lavora con le parole, per questo per me le descrizioni sono fondamentali, ed hanno bisogno di una cura particolare... ho letto libri che erano composti quasi solamente da dialoghi, e non mi hanno preso quasi per niente (vedi I Liceali, se vogliamo citare un esempio attinente ^^""...)... per il carattere dei personaggi: penso che da te avrei solo da imparare, mio caro savier. lo so, è un problema che ho da molto tempo e che ancora da molto tempo sto cercando di correggere... la caratterizzazione dei miei personaggi, detta in parole povere, fa schifo XDXD beh, il fatto è che, se mi mettessi a descrivere i loro pensieri, penso diverrei davvero prolissa, e non concluderei comunque niente, perché rimarrebbero piatti, senza spessore... ti sarei sinceramente grata se volessi darmi altri consigli, o corregermi ancora, perché le critiche costruttive sono sempre apprezzate! Anzi! Se volessi aiutarmi a migliorarmi, sarei felicissima... anche se so che, la mia è una richiesta esagerata, per la serie, non è che puoi sempre stare appresso alle mie fanfic, leggerle per poi dirmi cosa c'è che non va!!! XD Comunque, se mai ti sentirai di esprimere il tuo parere, sarò sempre lieta di accettarlo! Anche io ho letto molte fanfiction... molte sono scritte in maniera penosa... è per questo che cominciai a scriverle... ^^ e soprattutto in un italiano corretto!! eh eh... non è la prima fic che scrivo, e le ho anche pubblicate!!! ^_^ comunque rinnovo i ringraziamenti per i compliementi e per i consigli, savier! ne aspetto sicuramente altri (di consigli, intendo!!! XD)...
 
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Savier
view post Posted on 20/6/2008, 18:20




CITAZIONE (XdarkXloverX @ 20/6/2008, 19:07)
Savier, io devo solamente ringraziarti... guarda, il corso a cui hai partecipato deve essere stato interessantissimo, e mi piacerebbe assistere ad incontri simili!!! Rispondo per ordine... innanzitutto, credo che tu abbia completamente ragione, lo scrittore lavora con le parole, per questo per me le descrizioni sono fondamentali, ed hanno bisogno di una cura particolare... ho letto libri che erano composti quasi solamente da dialoghi, e non mi hanno preso quasi per niente (vedi I Liceali, se vogliamo citare un esempio attinente ^^""...)... per il carattere dei personaggi: penso che da te avrei solo da imparare, mio caro savier. lo so, è un problema che ho da molto tempo e che ancora da molto tempo sto cercando di correggere... la caratterizzazione dei miei personaggi, detta in parole povere, fa schifo XDXD beh, il fatto è che, se mi mettessi a descrivere i loro pensieri, penso diverrei davvero prolissa, e non concluderei comunque niente, perché rimarrebbero piatti, senza spessore... ti sarei sinceramente grata se volessi darmi altri consigli, o corregermi ancora, perché le critiche costruttive sono sempre apprezzate! Anzi! Se volessi aiutarmi a migliorarmi, sarei felicissima... anche se so che, la mia è una richiesta esagerata, per la serie, non è che puoi sempre stare appresso alle mie fanfic, leggerle per poi dirmi cosa c'è che non va!!! XD Comunque, se mai ti sentirai di esprimere il tuo parere, sarò sempre lieta di accettarlo! Anche io ho letto molte fanfiction... molte sono scritte in maniera penosa... è per questo che cominciai a scriverle... ^^ e soprattutto in un italiano corretto!! eh eh... non è la prima fic che scrivo, e le ho anche pubblicate!!! ^_^ comunque rinnovo i ringraziamenti per i compliementi e per i consigli, savier! ne aspetto sicuramente altri (di consigli, intendo!!! XD)...

Ahah, quando vuoi io sono disponibile! Basta che prendi il mio contatto msn e leggerò volentieri tutte le fanfiction che scrivi... anche perché diciamocelo, per me sono come una droga!
Per quanto riguarda la caratterizzazione non è così male la tua, per esempio io ho avuto l'immagine di un Filippo molto maturo (ma con qualche incertezza interiore) e di un Valerio ancora adolescente, che teme magari un pò questa nuova scoperta, ma è anche deciso a portarla a termine, nonostante tutte le sue paure ed incertezze. L'unica cosa, è il loro crescere ed evolversi che mi sembra un pò affrettato, ma ad essere sinceri, se parti da questo livello io ci credo che, se vorrai, potrai scrivere romanzi meravigliosi. Come per tutte le cose l'unica cosa per migliorarsi e esercitarsi, esercitarsi ed esercitarsi. Te lo dice uno che ancora oggi quando scrive qualsiasi cosa la vede e rivede almeno un centinaio di volte, sempre riscrivendola e stravolgendola. XD Sinceramente, te l'ho detto, sono diventato un tuo fan. Quindi ormai mi avrai dietro per sempre!
 
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view post Posted on 20/6/2008, 19:52
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CITAZIONE (XdarkXloverX @ 20/6/2008, 17:38)
XDXD Eh, magari... XD se mai scriverò un romanzo, sarai la prima ad avarelo XD comunque grazie ancora per i complimenti... ma non so fino a che punto arrivi il mio talento... a volte mi sembra di essere un po' troppo prolissa, di soffermarmi troppo su particolari inutili... tipo, una mia amica, per prendermi in giro, dice che per descrivere l'apertura di una porta mi metto a parlare della consistenza del pomello, del freddo sulle dita, ecc ecc XD tu che dici, taty?

Non è vero!!! UQella è la cosa ke aiuta meglio a capire le cose e che appassion a di puù di un romanzo..la scoeprta dei particolari e in modo che la fantasia sia più accompagnata dalle parole..fidati!! Te lo dice una che legge moltissimo e che ha vinto un premio di scirttura!
 
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everything88
view post Posted on 20/6/2008, 20:31




quoto in pieno saso..è proprio questo il bello..io non riesco mai a soffermarmi sui dettagli e le cose che scrivo sono sempre troppo dirette..diciamo che sono più tipo da saggio breve!!XD..tu sei veramente brava e data la tua giovane età hai tutto il tempo per migliorare ancora!!
 
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25 replies since 19/6/2008, 16:49   288 views
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